Oggi mobilitazione di Acli, Cgil, Cisl e Uil contro i tagli a patronati e Caf
Per il secondo anno consecutivo il governo taglia le risorse destinate ai patronati e Caf (centri di assistenza fiscale). La legge di Stabilità 2016 prevede per il fondo patronati una riduzione di 28 milioni di euro (che si aggiunge a quella di 35 milioni di euro già stabilito lo scorso anno), mentre per i Caf il taglio ipotizzato è di 40 milioni di euro. Anche a Modena Cgil-Cisl-Uil e Acli sono mobilitate contro queste misure. Stamattina davanti alla sede provinciale dell’Inps sindacalisti e operatori di patronati e Caf hanno distribuito volantini e altro materiale per spiegare ai cittadini le conseguenze dei tagli a questi servizi, di cui usufruiscono ogni anno centinaia di migliaia di cittadini modenesi. I responsabili provinciali di Acli, Inas, Inca, Ital chiedono la soppressione della norma che infligge un altro duro colpo alla rete dei patronati, considerando tale ipotesi “intollerabile quanto inspiegabile”. «Denunciamo soprattutto il carattere strutturale della riduzione delle risorse, con un ulteriore intervento sull’aliquota di alimentazione del fondo che, solo nel prossimo triennio, prevede un taglio del finanziamento, rispetto a quanto si attendeva fino allo scorso anno, di ben 284 milioni di euro per il periodo 2015–2018, con conseguenze irrecuperabili sull’assistenza dei cittadini in Italia e all’estero – affermano Salvatore Ferraro (Acli), Cristiano Marini (Inas-Cisl), Maura Romagnoli (Inca-Cgil) e Angela Vicenzi (Ital-Uil) – La situazione risulta ancora più grave se si considera il ritardo cronico che affligge i pagamenti e la riduzione degli acconti. Anche i tecnici di Camera e Senato, nel dossier sulla legge di Stabilità, hanno sottolineato come “andrebbe comunque attentamente ponderata la effettiva praticabilità di ulteriori riduzioni degli stanziamenti’ per i patronati ‘alla luce dei ripetuti interventi già operati in precedenza sul medesimo stanziamento”». Da gennaio 2016 sono a rischio la funzionalità degli uffici e il corretto pagamento delle retribuzioni e della relativa contribuzione, ma soprattutto la tutela assistenziale e previdenziale dei cittadini. Questo anche a causa del fatto che il Ministero del Lavoro non ha ancora chiuso la verifica dell’attività del 2012 e non si hanno garanzie sul tempestivo pagamento delle integrazioni ai “rimborsi” dovute per il 2013 e il 2014, per spese già legittimamente effettuate. L’anno scorso, per poter continuare a garantire la tutela a tutti i cittadini, i patronati avevano accolto positivamente la richiesta del governo di mettere subito in atto una riforma, con la promessa di non ricorrere a tagli ulteriori. «Pur consapevoli delle conseguenze organizzative e finanziarie, avevamo creduto in una revisione improntata alla razionalizzazione del “sistema”, alla trasparenza nell’utilizzo delle risorse e all’ampliamento dell’attività con interventi territoriali sul welfare – sottolineano Ferraro, Marini, Romagnoli e Vicenzi – Per salvaguardare l’accesso gratuito alla tutela previdenziale e socio-assistenziale per i cittadini e per difendere migliaia di posti di lavoro degli operatori di patronato, chiediamo ora a Parlamento e governo l’annullamento della norma». Anche la riduzione delle risorse per i Caf (centri di assistenza fiscale) rischia di trasformarsi in una diminuzione dei servizi e delle tutele al cittadino. «Se infatti verrà confermata la riduzione dei compensi di 40 milioni di euro annui prevista dal disegno di legge di Stabilità, non avremo altra scelta che ridurre i costi. Una scelta che si tradurrà in minori servizi e tutele – avvertono Franco Saracino (Caf-Cisl), Daniela Bondi (Csc Caf-Cgil), Patrizia Pedretti (Caf-Uil) e Francesca Maletti (Caf-Acli) – A soffrirne sarebbero maggiormente le persone anziane e i ceti più deboli che non hanno gli strumenti per orientarsi nella materia fiscale». La rimodulazione dei compensi del 2014 per i successivi tre anni conteneva già una clausola di rispetto di spesa con un risparmio rispetto alle annualità di costo precedenti e rappresentava, a detta del Ministero dell’Economia, “il giusto riequilibrio per i Caf a fronte dei maggiori oneri e adempimenti a loro affidati”. Ad esempio, tra questi vi è l’onere a carico del Caf, nel caso di errori, di pagare imposta, sanzioni e interessi. Il taglio dunque rischia di essere scaricato sull’utenza come aumento delle tariffe. «Il taglio rischia inoltre di compromettere un’importante funzione sociale che da sempre svolgono i Caf, ovvero essere punto di riferimento per la compilazione del modello Isee, necessario per godere delle prestazioni sociali agevolate che la pubblica amministrazione prevede per chi è in situazione di svantaggio economico o sociale. Gravi ripercussioni potrebbero infine registrarsi – concludono i responsabili provinciali dei Caf – anche sul progetto del 730 precompilato».